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Giuseppe Ungaretti: Che cos'è la poesia?

Pubblicato da redazione marzo 05, 2020

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«Zephiro torna, e ’ l bel tempo rimena / e i fiori et l’herbe, sua dolce famiglia, / et garrir Progne et pianger Philomena, / et primavera candida et vermiglia». In questo sonetto di Petrarca (CCCX, dai Rerum vulgarium fragmenta) la perfezione e l’inganno si rincorrono sulla superficie di uno specchio. È l’immagine giocosa di una morte rovesciata: la primavera si mostra sulla scena come un’amorosa rimozione della coscienza della fine, del crepuscolo acuto che corre veloce nella direzione di un vortice assiduo, di una vertigine circolare che non può mai fermarsi. Il segno costante del sonetto è la propensione a una mobile mutazione, a una infrenabile metamorfosi danzante, entro la quale i venti fuggono e tornano, i fiori scompaiono e riappaiono, Progne si tramuta in una rondine e Philomena in usignolo. Anche il racconto mitico, antico e rigermogliante sempre, s’introduce nel fiume lungo delle trasformazioni, così come gli echi lontani di non pochi poeti del mondo classico o cristi

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